venerdì 17 gennaio 2014

VALLI DELLE CARTIERE E DELLE CAMERATE

Strada ingresso alla Valle Cartiere









I centri di Maderno e Toscolano sono separati dal torrente Toscolano che, proveniente dal Monte Caplone, in Valvestino, dopo aver percorso oltre venti chilometri, attraversa le Valli delle Camerate e delle Cartiere per poi sfociare nel lago, al centro di un vasto promontorio. Salvo casi eccezionali, dovuti alle forti e persistenti precipitazioni, il torrente si è ora ridotto ad un modesto ruscello alimentato da alcuni piccoli affluenti laterali che s’inseriscono dopo lo sbarramento della diga di Valvestino, costruita negli anni Sessanta del ‘900 dalla Società Valdarno (in quell’epoca non vi era ancora la nazionalizzazione delle industri elettriche). Fu in queste valli che diversi secoli fa s’installarono numerosi opifici per la fabbricazione della carta e la lavorazione del ferro, proprio per sfruttare l’energia idraulica del Toscolano.
In passato il torrente fu quindi un importante ed indispensabile fornitore d’energia idraulica che serviva le numerosissime industrie, non solo cartarie, installatesi nelle valli nel corso degli anni con conseguente impiego di numerosa manodopera.
Per dare un’idea di come questo stretto corridoio fosse coperto in ogni angolo da opifici che sfruttavano al massimo la forza idraulica, basti pensare che nel Seicento, epoca, tra l’altro, nella quale ha avuto inizio un lento, ma inarrestabile declino di queste attività, funzionavano una cinquantina di cartiere nelle quali trovavano lavoro oltre 500 operai.
I resti della prima cartiera, quella di Garde s’incontrano a poche centinaia di metri dall’ingresso della valle, mentre quelli di numerose altre si snodano fino alla località Covoli, salvo quelli dello stabilimento di Maina inferiore i cui resti sono stati completamente recuperati e restaurati per accogliere il “Centro di eccellenza”, che è stato inaugurato ufficialmente il 2 giugno 2007.
I pochi resti degli opifici rappresentano quindi una testimonianza del passato e riassumono secoli di storia, cultura e vita. Sono sparsi nelle diverse località il cui nome è ricordato solo nelle vecchie mappe. Iniziando dall’ingresso della Valle delle Cartiere troviamo: Garde, Quattro Ruote (la località richiama il numero delle ruote che la fabbrica di carta esistente aveva per muovere i magli che trituravano gli stracci), Lupo, Maina di sotto.o Macallé.
            Proprio in questo stabilimento abbandonato fin dal 1962, che stava andando in completa rovina nel quale nei secoli scorsi si sono avvicendati valenti fabbricatori di carta come i Delay, i Veronese, gli Hell, gli Emmer, i Bianchi-Maffizzoli, i Donzelli ed, infine la cartiera di Toscolano dei Marchi. Dopo la cessione dell’intera valle al comune, avvenuta nel 1990, il Comune ha deciso di trasformare la  vecchia fabbrica in un Museo grazie ad un finanziamento Europeo di 6 milioni di Euro: E’ sorto così un “Centro di eccellenza”  dedicato alla filiera carta-stampa, diventando uno dei più grandi Musei italiani del genere, L’inaugurazione è avvenuta il 2 giugno 2007, dopo 665 giorni lavorativi, alla presenza di numerose autorità. Il nuovo edificio ha una volumetria di 14.000 mc. Ed è distribuito in cinque corpi di fabbrica per una superficie complessiva di circa 3000 mq..
            Negli anni successivi è stato aggiunto un reparto speciale nel quale sono state esposte, in otto contenitori, n.256 immagini d’epoca di Toscolano-Maderno e diversi manifesti e proclami esposti nel corso dell’ultima guerra che lo scrivente ha donato all’Amministrazione comunale
Più avanti si trova Maina di sopra (dove esiste solo il malridotto “palazzo” della famiglia Maffizzoli, proprietaria di diverse cartiere), Vago, Caneto, Gatto, Luseti, Lume, Covoli e Camerate. La maggior parte si trovava sul territorio di Toscolano, in quanto fino al “palazzo Maffizzoli” il confine con Maderno era segnato dal torrente. Poi, la linea di confine non faceva più riferimento al torrente, ma in linea d’aria saliva dritta fin sopra la cima del Monte Pizzocolo.
Per meglio apprezzare l’abilità e la tenace volontà di chi ebbe il coraggio di far sorgere nelle valli tutte queste industrie, non bisogna dimenticare un particolare importante. Le industrie si trovavano in sostanza “rinchiuse” nella Valle delle Cartiere in quanto la strada d’accesso con relative gallerie fu costruita solo nel 1872 a cura di sette imprenditori cartai e dal Comune di Toscolano quando, purtroppo, lo sviluppo di queste attività era in netto calo. Prima, la valle si poteva raggiungere a soltanto a piedi per mezzo di uno stretto e pericoloso sentiero chiamato “delle assi” che s’inerpicava sulla ripida roccia dove poi fu costruita la strada. La fornitura della materia prima alle industrie e lo smercio del prodotto finito avvenivano con carri agricoli, attraverso stradine che collegavano sia Pulciano che Gaino con la valle. Possiamo immaginare quindi con quali difficoltà si svolgevano i trasporti.
Nel XV secolo gli opifici situati alle “Camerate” erano posseduti dalla famiglia Camarattis, dai quali prese appunto il nome la località. Nel secolo successivo ne divennero proprietari gli Assandri, di Gaino, soprannominati Delay, le cui officine fornivano bombe, ancore e catene alla Serenissima, dalla quale ricevettero numerose benemerenze e furono anche insigniti del titolo nobiliare nel 1690 col doge Morosini. Gli Assandri, chiamati ormai Delay, cedettero le loro fabbriche ai Bottura di Gardone Riviera. Questi, nel 1801, le cedettero ai Visintini della “Religione” di Toscolano.
In località Luseti, dove esistevano ben cinque fabbriche di carta, alle quali vanno aggiunte quelle dei centri vicini, nel XVI secolo la ricca famiglia Tamagnini, proprietaria di una cartiera a Lume, luogo poco distante, costruì una chiesetta dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, i patroni dei “gualchierai”, cioè degli operai addetti al funzionamento dei folli delle cartiere.
La rivoluzione industriale verificatasi verso la fine dell’Ottocento, con l’avvento dell’energia elettrica, portò progressi tali da rendere fuori mercato queste piccole fabbriche. Nel 1905 i fratelli Maffizzoli, proprietari delle più importanti fabbriche di carta della valle, a seguito delle nuove pressanti esigenze produttive e della necessità d’ampliamento e di ammodernamento tecnico, furono costretti a prendere la drastica decisione di trasferire la loro attività a Toscolano, in località Capra, dove, nel 1906, diedero inizio alla costruzione di un grande stabilimento, inaugurato il 19 marzo 1910.
Questa decisione segnò l’inizio della progressiva decadenza delle industrie cartarie nella Valle delle Cartiere, mentre in quella delle Camerate erano scomparse già dal secolo precedente. Nel 1904 gli opifici si erano ridotti a sette, di cui quattro appartenevano alla ditta Maffizzoli; negli anni successivi, sparirono completamente. Buona parte furono demoliti; degli altri si vedono pochi ruderi ingoiati dalla fitta vegetazione. L’addio definitivo a questa valle l’ha dato la cartiera delle Garde nel 1959 e per ultima quella di Maina inferiore (Macalé) nel 1961, che i Maffizzoli ed i loro successori mantennero attive fino al loro definitivo trasferimento nello stabilimento di Toscolano.
Per raggiungere, invece, la valle delle Camerate con automezzi occorre passare attraverso la frazione di Gaino. Nel giugno 2004, dopo parecchi decenni di chiusura, è stata ripristinata la passerella posta nella strettoia tra Luseti ed i Covoli dopo aver fatto lavori di messa in sicurezza; perciò, a piedi, dalla Valle delle Cartiere ci si può inoltrare per quella delle Camerate.
Visitando queste valli, ora divenute un sito d’archeologia industriale, ci s’immerge contemporaneamente anche in una particolare e florida vegetazione caratterizzata dalla presenza di numeroso capelvenere, la cui crescita sulle rocce è facilitata dalle infiltrazioni d’acqua che scende dall’alto, e di cipressi, olivi e lecci. Si tratta, insomma, di una passeggiata non solo culturale ma anche salutare in un ambiente non certo inquinato.
            Nel 2002  un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova, diretti dal Prof:Brognolo e dalla Dott.ssa Luisa Cervigni ha effettuato scavi archeologici in località “Gatto”, vicino al ponte in pietra che collega con Luseti crollato nel 1938 riportando alla luce i resti di un’antica piccola cartiera. Nel 2005 gli stessi si sono spostati sulla strada fra Maina sup. eVago per scavare sui resti di un’altra piccola cartiera risalenti al Cinquecento. Nel 2006 invece a Maina di mezzo. Quest’ultimi hanno dato esiti clamorosi..
. Dopo aver asportato la numerosa vegetazione  e la terra che copriva i resti di questo opificio, sono venuti alla luce alcuni piccoli locali. In uno di questi sono state trovate, da una parte, n.6 vasche rettangolari scavate in un unico blocco di pietra e, dall’altra di fronte  a queste un altro masso intero di pietra con diversi fori tutti delle stesse dimensioni nei quali venivano installati dei pestelli di legno o “folletti” che, azionati dall’energia idraulica di un canale che scorreva di fronte al piccolo stabile, battevano violentemente, come martelli, gli stracci posti nelle vasche di fronte riducendoli ad una poltiglia. Questa, dopo essere stata pressata ed asciugata, veniva trasformata in fogli di carta. In un locale attiguo è stato rinvenuto un piccolo forno costruito in pietra e mattoni che doveva servire a far bollir la colla necessaria per impermeabilizzare la carta onde evitare che l’inchiostro non si trasferisse nel retro del foglio. In questi locali sono stati rinvenuti anche numerosi attrezzi dell’epoca, che saranno collocati nel Museo della Carta.
            Tali importanti reperti sono stati recintati e, in seguito, si dovrà pensare ad eseguire le opere necessarie di conservazione degli stessi in modo che diventino un patrimonio culturale permanente a disposizione del pubblico.
Parlando della Valle delle Cartiere non posso fare a meno di ricordare mia madre che per alcuni anni abitò dagli zii presso la cartiera di Maina inferiore o Macallè (attuale museo della carta). La stessa rimase orfana del padre G.Battista quando ancora era una bambina e visse per un pò di tempo presso la zia Luigia Belloni che aveva sposato il direttore di questa cartiera, un certo Tullio Bianchi da Pisogne, il quale esercitò tale mansione per circa venti anni fino  alla sua morte avvenuta nel 1912.      In quel tempo, non esistendo ancora la radio le notizie si apprendevano solo dai giornali  i quali giungevano a Toscolano soltanto alla sera. Lo zio, volendo essere aggiornato su gli avvenimenti, la mandava in paese ogni sera per l'acquisto del giornale per cui doveva percorrere, al buio naturalmente, la strada per l'uscita dalla valle. Pur prestandosi con volontà, non poté  mai sopprimere la paura e l'ansia quando svolgeva tale incarico.

                                                                                              


La cascata che non c'è più


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